Du du du du (du du du du) | pu pu pu | turututururu.
Vi dice niente?!
Nella mia testa è la sigla di X-files.
A un certo punto delle nostre vite sono arrivate le serie tv. Da I segreti di Twin Peaks in poi il nostro rapporto con l’audiovisivo è cambiato profondamente. Proprio come nei romanzi a puntate, gli episodi, uno dopo l’altro, sono entrati nella nostra dimensione dell’intrattenimento, hanno scandito l’attesa settimanale che ci separava dal conoscere un po’ di più, dall’entrare ancora più dentro il racconto e dal sapere come va a finire.
Le serie tv sono state parassiti di attenzioni come i libri, forse, non lo erano più da tempo. Ci sono degli elementi ricorrenti nel linguaggio seriale che contribuiscono alla dipendenza negli spettatori: la sigla, i riassunti della puntata precedente e le anticipazioni della successiva, i finali sospesi che precedono o seguono una scoperta o uno stravolgimento di tutto quello che si era creduto fino a quel momento.
Ma non dovevamo parlare di podcast?
I podcast sono giovani, hanno venti anni, o giù di lì, e alla serie tv devono tanto. Come nelle serie tv, il podcast vive (nella maggior parte dei casi) dentro un format, che con i suoi motivi ripetuti piano piano ti fa sentire a casa. Tra questi elementi a cui si finisce per affezionarsi ci sono le sigle.
Se vi dico è l’inizio del mese ad esempio che sigla vi viene in mente?*
Nella lista che segue ho inserito anche un nostro podcast, non ci denuncerete per questo!
1) Dove nessuno guarda. Il caso Elisa Claps.
Chora media, Pablo Trincia, Michele Boreggi, c’è bisogno di aggiungere altro?!
Sì.
Qui la sigla è uno degli elementi più significativi della serie, non solo perché rispetta genere e mood, ma anche perché inserendo una delle composizioni più famose della storia della musica, opportunamente piegata alle esigenze del racconto, riesce sia ad onorare la vittima che a suggerire un’indizio sulle atmosfere cupe della narrazione.
2) Heavyweight
È uno dei miei podcast preferiti e non penso di essere speciale!
Un capolavoro così pieno di storie, rimpianti, pesi, risate da riuscire a migliorare anche le giornate più inutili. Giunto all’ottava stagione non ne vedrà una nona, almeno non in casa Spotify che l’ha cancellato.
Cantiamo tutti insieme per fargli cambiare idea o casa:
Take this moment to decide
(Sun in an empty room)
If we meant it, if we tried
(Sun in an empty room)
Or felt around for far too much
(Sun in an empty room)
From things that accidentally touched
(Sun in an empty room)
3) Fare un fuoco
A questo podcast voglio bene. Ogni episodio è un regalo di cultura, sempre interessante, scritto e raccontato in modo perfetto da Nicola La Gioia. In questa lista però il plauso va a Shari DeLorian che, oltre ad aver curato il sound design del podcast, ha composto la sigla che rende perfettamente la svampata euforica del fuoco e della sua eco.
4) Di uomini e mostri
Un podcast fiction indipendente di Francesca Abruzzese che ha moltissimi punti di interesse.
La sigla, perché di questo parliamo qui, è decisamente interessante e adatta alla storia, al mood e a tutto l’universo sonoro che accompagna la narrazione.
Voglio spendere due parole per dire che prodotti come questo sono un bene per il mondo dei podcast e spero davvero che gli ascoltatori di podcast fiction si moltiplichino velocemente.
5) Kult
Una delle mie sigle preferite di questa lista, creata da MAV. Mi capita di ascoltarla anche ora che il podcast l’ho finito da un bel po’. Un podcast indipendente che fa tanta strada partendo da un busto di Lenin in provincia di Reggio Emilia. Anche in questo caso vorrei più Kult e meno podcast di influencer.
6) Sangue loro. Il ragazzo mandato a uccidere.
È quasi scorretto inserire due podcast della stessa azienda, con lo stesso gruppo di produzione però, mi sa che per il momento in Italia se uno fa una lista delle migliori sigle di podcast Michele Borreggi lo deve scrivere almeno due volte. Anche in questo caso la sigla racchiude il mondo della serie audio ed è bellissima!
7) Tutti i gatti del mondo
Piccola premessa: questo podcast lo abbiamo fatto noi di Loud Stories quindi non posso stare qui a tesserne le lodi, sarebbe poco etico! Fine premessa.
La sigla però è stata realizzata da Amplitudo Sound Agency che ha preso tutto tutti gli elementi di mistero e di avventura della storia e ha creato una sigla felina, giocosa e perfetta per il podcast.
8) Homecoming
Triste, morbosa e incredibilmente orecchiabile, con le tipiche distorsioni delle audio-cassette che sono poi alla base di tutta la narrazione. Questa introduzione musicale è un capolavoro, come del resto la storia. Il sound design, il foley, il trattamento delle voci, tutto concorre a creare un podcast fatto come si deve. Homecoming è una delle prime serie audio che mi ha fatto capire le potenzialità del genere fiction senza immagini.
Poi certo, nell’adattamento televisivo c’è Julia Roberts ma questa è un’altra storia.
9) Carla – Una ragazza del Novecento
“Mi chiamo Sara Poma e questo è Carla. La storia di un quaderno che racconta una vita, quella di mia nonna. Una ragazza del Novecento che ha attraversato una guerra vera e una personale ma che non ha mai smesso di guardare al futuro piena di un’incrollabile speranza”.
Queste parole e la musica a firma Berlinist introducono sapientemente ogni episodio del mio podcast preferito di Sara Poma.
10) 3 Giorni – La storia di Emanuele Scieri
Sono molto affezionata a questo podcast perché tratta una delle storie nere del nostro paese che più mi sta a cuore e perché ha quello spirito indie che mi ha fatto innamorare di tanti lavori crime indipendenti degli Stati Uniti. Il podcast suona vero e poco costruito ed ha una semplicità molto profonda. La sigla, di Marcin Pontoriero, è inquieta e ritmata e lascia un’eco di ansia come tutta questa brutta storia.
11) C’è vita nel Grande Nulla Agricolo?
Non potevo non inserire questo titolo.
Un po’ perché se non lo avessi fatto qualcuno dei suoi tanti fedelissimi ascoltatori mi avrebbe giustamente ricordato la colpevole dimenticanza. E allora alzate il volume della stupenda canzone di Leonardo Passanti (HOLLYSPLEEF) e venite a ballarla nel Triangolo delle Bermuda Padano, magari d’estate, ad agosto. E vediamo che succede.
*12) Indagini
“Io mi chiamo Stefano Nazzi, faccio il giornalista da tanti anni e nel corso della mia carriera mi sono occupato di tante storie come questa, quelle che nel tempo vi sono diventate familiari e altre che potreste non aver mai sentito nominare. Storie di cronaca, di cronaca nera, di cronaca giudiziaria…”
Questo podcast è diventato così popolare che si fanno anche parodie sull’intro e sul modo di parlare del giornalista Stefano Nazzi. Insomma anche il mondo dei podcast ha dei fenomeni pop amati sia da ventenni che da over 50. Ovviamente anche io aspetto sempre impaziente il primo di ogni mese, Indagini day!